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La quiche lorraine è una cosa seria

VISION Society
«Torta salata tipica della Lorena, la quiche lorraine è un piatto gustoso composto da un guscio fragrante di pasta brisée e un morbido ripieno a base di uova, panna e pancetta.»​

Così la definisce Il Cucchiaio d’Argento. Ed io ci credo. La quiche lorraine sembra avere un nome messo dai francesi affinché noi italiani non si possa pronunciarlo (correttamente).

Ed è quello che accadeva a me, quando due anni fa per quasi 20 giorni sono stato a Parigi, più o meno in questo periodo.

La quiche lorraine è quella cosa che ti va di mangiare a metà mattina ma che non pronunci mai correttamente e forse non pronunciano mai correttamente neanche i francesi.

Entri semplicemente in un forno, così ci intendiamo, loro te la riscaldano, tu la paghi, poi la prendi, e passeggiando te la mangi.

La quiche lorraine che ho mangiato stasera è stata fatta ad Imperia. L’ho comprata in provincia di Firenze, così mi immagino che abbia fatto anche un po’ di strada per arrivare da me. Penso anche che qualcuno, dello stabilimento, sarà andato in Francia ad assaggiarne una, per poi rifarla, con modesti risultati, ad Imperia. E poi hanno deciso di commercializzarla con la propria rete commerciale all’interno della GDO per arrivare sulla mia tavola per la modica cifra di 3,90 euro.

Poi penso anche al computer sul quale sto scrivendo, disegnato in California, prodotto in Cina. Venduto in Italia. Insomma le solite chiacchere da vecchi.

Qualche tempo lessi un’interessante articolo che parlava di riscaldamento globale, sostenibilità, scenari futuri, estinzione del genere umano. Tutto questo nello stesso articolo.

Il concetto, più o meno, era questo. In un futuro non molto remoto non sarà più sostenibile per l’ambiente e per lo stesso genere umano, la varietà di prodotti alla quale siamo abituati. Ed uno scenario — curioso — che si prospettava, era il seguente: pensare che un piatto francese, fosse fatto ad Imperia e commercializzato poi a Firenze non poteva più esistere.

Dobbiamo — secondo l’autore dell’articolo — immaginare uno scenario dove il genere umano, le città, le abitazioni, i servizi, l’agricoltura, l’allevamento, ect siano concentrati in una porzione minuscola della terra, affinché gli spostamenti, di beni, servizi e persone possa essere ridotto il più possibile evitando il consumo di energia e di risorse.

Se questo scenario vi sembra strano e stravagante vi basti pensare che il 90 percento della terra risulta disabitata: il 50 percento della popolazione mondiale è stanziato nel 2% della superficie terrestre.

Io mi immagino una scena ancor più stravagante: una prima scena è che qualcuno in provincia di Firenze inizi a fare delle buone quiche lorraine così da soddisfare il bisogno di Filippo di mangiarne una. Oppure, altro scenario è che Filippo mangi cibi locali, ricette locali, ingredienti se non a Km 0 a Km 10/15 con un ridotto Carbon Foot Print e Water Foot Print.

In Inghilterra stanno valutando di inserire proprio l’impronta ecologica sui packaging dei prodotti per mettere a conoscenza il consumatore di quanto il suo consumo può impattare sull’ambiente.

Già, l’ambiente. Quello strano e realistico diorama a grandezza naturale di cui ormai non abbiamo più i ricambi e che ci sta comunicando con i più violente disastri meteorologici ed ambientali che siamo arrivati tardi.

Ho un libro sulla scrivania “Grazie per essere arrivato tardi” di Thomas L. Friedman. Me lo consigliò Paolo Pasquali che creò più di venti anni fa quella che è diventata Villa Campestri Olive Oil Resort. Un Olive Oil Resort in Mugello, ma ve lo immaginate?

Una volta che venne e trovarci a Marchisoro, vedendo il libro “The Game” di Baricco sul tavolo, mi disse con la sua decisa voce “Lascia perdere queste stronzate, leggiti questo libro“.

In realtà siamo tutti arrivati tardi.