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Cosa vogliono davvero le persone? Comprendere i bisogni per innovare davvero

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Spesso ci interroghiamo su cosa vogliano veramente le persone. Ma la verità è semplice e spiazzante: le persone non sanno cosa vogliono. Le persone hanno bisogni da soddisfare.

In un interessante articolo su Information Age, si racconta di Jonathan Ive, storico designer di Apple, e del suo rapporto con Steve Jobs. Insieme, hanno infranto una delle regole più radicate nel marketing tradizionale: non hanno ascoltato i clienti. Hanno fatto qualcosa di più profondo. Hanno compreso il "dilemma dell'innovatore".

Viviamo nell'epoca dei mercati "people-centrici", dove si ritiene che sia il consumatore a decretare con le sue scelte il successo di un prodotto. Ma alcune aziende, come Apple, non creano ciò che le persone chiedono esplicitamente. Creano ciò che le persone vorranno. Lavorano sull'immaginazione dei bisogni, non sulla risposta immediata ai desideri dichiarati.

E qui nasce il nodo centrale: oggi, in un contesto dove l'innovazione è costante e travolgente, è difficile anche solo immaginare ciò che ci manca. Le persone acquistano prodotti cercando soluzioni a problemi che a volte non riescono nemmeno a formulare chiaramente. Credono che un oggetto possa risolvere un disagio, ma non hanno sempre gli strumenti per valutare le opzioni a disposizione.

Pensiamo all'evoluzione dell'automobile: cinquant'anni fa, possedere un'auto era una necessità primaria. Oggi, il concetto di mobilità si è trasformato. Il valore non risiede tanto nel possesso quanto nell'accesso. Noleggiare un'auto, usare un car sharing o i mezzi pubblici è diventato un comportamento motivato da nuovi bisogni: sostenibilità, flessibilità, ottimizzazione dei costi e del tempo.

Le persone, spesso, non conoscono nemmeno le tecnologie che potrebbero rivoluzionare le loro vite. Non conoscono a fondo le potenzialità del loro smartphone, figuriamoci la blockchain e le sue implicazioni su contratti, filiere, finanza. È qui che entra in gioco il ruolo di chi progetta, innova, costruisce scenari.

Un esempio emblematico è la musica. Dalle cassette agli MP3, fino allo streaming. Nessuno aveva chiesto Spotify. Ma qualcuno ha intuito che il bisogno non era possedere la musica, bensì ascoltarla ovunque, in ogni momento, su ogni dispositivo. Spotify non ha venduto un prodotto, ha interpretato un bisogno.

Lo stesso vale per servizi come Bamboo Tooth Brush. Questo brand non vende semplicemente uno spazzolino, ma propone un rituale di cura personale sostenibile e intelligente: ogni mese (o a cadenza bimestrale o trimestrale), arriva direttamente a casa uno spazzolino nuovo in bamboo, ecologico, efficace, confezionato con materiali riciclabili. È un servizio pensato per facilitare le persone, garantire igiene costante, ridurre l'impatto ambientale e liberare la mente da una piccola incombenza ricorrente. Anche in questo caso, il valore non sta nell’oggetto, ma nell’esperienza complessiva e nel bisogno profondo a cui risponde: sentirsi curati, semplificati, in sintonia con i propri valori.
Per questo, oggi più che mai, abbiamo bisogno di persone che comprendano le persone. Psicologi, filosofi, antropologi, sociologi. Figure capaci di cogliere ciò che non viene detto, di ascoltare con gli occhi, di intuire i sogni nascosti.

Lasciamo alle macchine l'elaborazione dei dati. Agli esseri umani, invece, il compito di immaginare. Guardare negli occhi le persone e capire per cosa batte il loro cuore. Questo è il nostro mestiere.

Come consulenti, abbiamo il dovere di sognare insieme alle persone. Di co-creare prodotti e servizi che migliorino la vita di tutti. Di supportare le aziende nella crescita, nel rispetto dei valori condivisi, delle comunità, dei territori.

Questo è quello che vogliono (davvero) le persone.

Contattaci per costruire insieme prodotti, servizi e storie che rispondano a bisogni reali e generino impatto positivo.